Meditazione sulla nullità dell’essere
Dimentica chi sei: tu sei uno zero
ma un doppio zero è pure l'infinito!
La verità è già qui se cerchi il vero:
dovrai soltanto coglierne l'invito.
Per l’organismo corpo-mente, diversamente definito “uomo”, la centralità del proprio essere è tutto ciò che di reale e di più importante appaia esistere. La presunzione egoica pone il concetto di “se stesso” al centro di tutti gli interessi personali, così come al proprio sé sono rivolte tutte le attenzioni e le aspettative di successo cui l’uomo è in grado di ambire. La Divina Ipnosi rende la vita individualizzata così magicamente vera che l’uomo non degna neppure di un pensiero l’ipotesi che tutta l’esistenza da lui percepita possa poggiarsi su fondamenta illusorie. “Così è perché così deve apparire”, è l’umile commento del Saggio. Nel gioco di Maya, la grande illusione, tutto è perfettamente al suo posto e tutte le regole vengono rigorosamente rispettate, sebbene il gioco in se stesso non possieda alcuna regola, né tantomeno alcun giocatore. Tutto accade, o più esattamente appare accadere, ma non esiste nessun agente che compia l’azione dando origine all’evento osservabile. Per quanto la propria presunzione e arroganza lo collochi sul trono che domina tutte le creature che popolano l’esistenza, l’uomo non è che una nullità. Si potrebbe meglio affermare che l’uomo sia uno “zero”, ovvero la personificazione del concetto di presenza-assenza che nello zero rappresenta il Nulla. Alla stregua di un banale oggetto di fantasia, sognato dalla Divina Potenzialità, l’organismo corpo-mente appare pur non essendo, agisce pur non avendo volizione alcuna che determini il suo agire. È la manifestazione che accade senza un agente né uno spettatore che osservi il compimento della sua stessa azione. Rapportato all’Assoluto, l’uomo non è che il rigurgito di un impalpabile attimo di sogno; pur tuttavia, immerso nella sua fenomenalità soggettivata, l’uomo considera se stesso il centro dell’universo attorno al quale ruota tutta la manifestazione. Ed in effetti l’uomo, oltre ad essere uno “zero”, è pure il doppio zero che rappresenta simbolicamente l’infinito. Egli infatti è la materializzazione onirica della Coscienza Universale che ha assunto le fattezze umane muovendosi internamente (ed illusoriamente) all’intero dei concetti di spazio e di tempo. Laddove Nulla è in Esistenza, il Tutto appare esistere come unità frammentata del Tutto stesso. Acquisisce capacità senzienti e cognitive che l’uomo identifica come sue proprie e, in questo gioco delle parti così magicamente elaborato, l’Assoluto ha la possibilità di osservarsi e di acquisire coscienza di Se Stesso. Le parole sono strumento necessario per trasmettere i concetti ma non dimentichiamo mai che le parole sono pur sempre anch’esse concetti che, in quanto tali, non potranno mai dare una rappresentazione veritiera della Realtà. Lungi dunque da noi l’idea di raffigurare l’Assoluto come un Soggetto dotato di pensiero e di capacità senzienti che lo avvicinino più a una figura divina antropomorfa che al “Tutto ciò che È” della scuola Advaita. Dio è l’uomo e l’uomo è Dio. La Sorgente è in ogni goccia d’acqua da essa scaturita ed ogni goccia può a ben diritto rivendicare il diritto di essere ella stessa la Sorgente. L’invito che l’Assoluto rivolge imperituramente a se stesso consiste dunque nel riconoscersi il Tutto nella parte e la parte nel Tutto, senza distinzioni soggettive dovute a entità falsamente identificate in ciò che non potrà mai essere esterno al Tutto stesso.