"Il Gioco" - Alla ricerca dell'Essere attraverso un dialogo tra anonimi


 

“Il Gioco”


Molti anni orsono, era il 2012, utilizzando lo pseudonimo “Anonymous Friend” pubblicai su una chat allora molto in voga un singolare annuncio, come fece Maze con Jader, nel romanzo “Il Labirinto”, quando lasciò in chat il messaggio: 

“Hello, I’m the Maze. How about a nice game with me?”

Lo scopo dell’annuncio era di invitare le persone, protette dal più assoluto anonimato, a giocare con me parlando della propria anima, della loro visione del senso della vita, e di molto altro ancora... 

Quella che segue è uno stralcio di una tra le tante conversazioni instaurate con sconosciuti…

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A: il gioco è allettante e mi piacerebbe iniziare a giocare senza paura di mostrare viso, corpo, ma solo pensieri e anima. Ciao

J: Bene, allora iniziamo a giocare.... ed iniziamo proprio dall'anima. Entriamo dentro noi stessi fino a trovare quello spazio vuoto che nulla e nessuno potrà mai riempire. Lasciamoci penetrare dal senso del nulla; oscuriamo i nostri pensieri e lasciamoli girovagare liberamente attraverso i meandri della mente. Descriviamo le nostre paure, le nostre emozioni, le nostre gioie ed i nostri desideri più profondi e poi gettiamoli nella profondità infinita del nostro pozzo interiore. Comincio io o cominci tu?

A: inizia tu mai fai attenzione perché i percorsi dell'anima sono molto tortuosi e ci si può perdere facilmente. Occorre calma, lucidità e pazienza. 

J: Si, è vero, i percorsi dell'anima sono molto tortuosi e raggiungerla è molto difficile, ma non impossibile.

All'interno dell'anima, una volta identificati con essa, non ci si può mai perdere. E' invece molto facile rimanere confusi dai suoi mille riflessi, primo fra tutti il senso di essere e l'illusione che la nostra anima ci appartenga, che sia qualcosa foggiata in noi e solo per noi. Ma l'anima va al di là del nostro corpo e della nostra permanenza temporale nel mondo fenomenico mentale; va al di là della nostra personalità, del nostro senso di esistere. L'anima è il nostro principio e la nostra fine, pur tuttavia non ha avuto né un inizio né avrà mai fine. L'anima non conosce lo spazio-tempo. 

Forse la calma, la lucidità e la pazienza alle quali ti riferisci non sono altro che calma nell'affrontare le controversie della vita, avendone sempre presente il vero senso; lucidità nel discernere ciò che non ha valore da ciò che, per quanto impercettibile, costituisce le fondamenta dell'intero universo pulsante; pazienza nel saper riconoscere e superare con fermezza e costanza questi nostri istinti umani che governano le nostre vite, talvolta stolte ed inutilmente indaffarate a ricercare una serenità ed una gioia che non potranno mai appartenerci fino a quando non riusciremo a guardare oltre noi stessi.

Qualcuno afferma che l'anima è Dio, ed ha ragione. Qualcun altro afferma invece che l'anima non esiste, e pure lui ha ragione. Ma qui non vale la regola del sillogismo secondo la quale se l'anima è Dio e l'anima non esiste, allora Dio non esiste! Qui siamo all'interno di un mondo nuovo, dove le regole costruite dagli umani e per gli umani non hanno più alcuna valenza. L'anima non deve essere ricercata in noi o fuori di noi. L'anima deve essere noi, e noi dobbiamo essere solo la nostra anima comune ed universale, e nulla più...

L'anima è luce e l'uomo non è altro che quel minuscolo cono d'ombra creato dall'interporsi della mente tra l'anima e la capacità di discernimento della quale tutti siamo potenzialmente dotati. La luce dell'anima è dunque sempre presente in tutti noi, ma è eclissata dall'infantile superbia di una mente che crede di essere in grado di poter comprendere tutto. 

E potrei proseguire per ore ed ore, ma preferisco passarti il testimone...

Se vuoi puoi cambiare argomento: in questo gioco non esistono regole e nessuna risposta è mai dovuta, né dovrà mai essere attesa.

A: " L'anima deve essere noi, e noi dobbiamo essere solo la nostra anima comune ed universale, e nulla più...L'anima è luce e l'uomo non è altro che quel minuscolo cono d'ombra creato dall'interporsi della mente tra l'anima e la capacità di discernimento della quale tutti siamo potenzialmente dotati. La luce dell'anima è dunque sempre presente in tutti noi, ma è eclissata dall'infantile superbia di una mente che crede di essere in grado di poter comprendere tutto."

Mi ritrovo nelle tue parole, ma quanto risulta difficile riuscire a staccarsi dal reale . Il dolore, corporale e non, ci accompagna . La mente vuol capire, conoscere e guidare gran parte delle nostre scelte e solo chi ha l'estremo coraggio di abbondonarsi  e abbandonare può fare il percorso che tu hai descritto. Un mio grande desiderio sarebbe poter volare in alto, sempre più in alto , senza provare sensazioni se non quella del silenzio  e  da lassù percepire  l'insussistenza delle nostre pene, delle nostre ambizioni e delle nostre fatiche  quotidiane. Ma amo anche la corporalità perché oltre al dolore ci concede attimi di estrema  felicità.

J: Il più grande ostacolo rimane sempre l'identificazione, ma può essere rimosso.

Quando guardi un film comico, s'impossessa di te l'ilarità e la serenità d'animo. Se invece assisti ad un film dell'orrore provi angoscia, paura, terrore. La nostra vita non è molto diversa da un film, e non è solo un modo di dire. Identificarsi con il corpo-mente comporta necessariamente il dover sottostare a tutte le situazioni che la vita propone. Rimanerne testimoni esterni, semplici spettatori, col tempo ti farà comprendere che quel "reale" dal quale tu dici è difficile staccarsi non è altro che una nostra proiezione mentale soggettiva e nulla ha a che vedere con la vera Realtà che governa le nostre esistenze. Certo, qualche piccola rinuncia dobbiamo essere disposti a farla perché il contrappasso all'annullamento del dolore è l'annullamento anche della felicità. Se spegni la TV, non vedi più né film comici né film tragici. Muoversi tra i due opposti presuppone oscillare sempre tra il bene e il male, rimanere immobili al centro significa osservare senza coinvolgimento emotivo. All'inizio scoccia un po' rinunciare ai "piaceri" della vita ma poi, potendo rimuovere contestualmente anche il dolore, si impara ad apprezzare l'esistenza nel suo insieme e non nelle sue singole sfaccettature.

Desideri volare in alto? Inizia prima con l'inabissarti dentro di te. Chiudi i tuoi sensi, inibisci ogni percezione e trova al tuo interno la tua Voce del Silenzio che ti farà da guida.

E' vero: per abbandonarsi occorre un coraggio estremo. Eraclito parlava di un salto nel vuoto, Patanjali istruiva affinché tutto procedesse lentamente, passo dopo passo. Non è importante tanto il metodo quanto la volontà di voler raggiungere il fine. Chi spera che ritirandosi sulle cime dell'Himalaya possa raggiungere la pace interiore, dimentica che nella sua ascesa verso la vetta deve portare comunque se stesso con sé e questo sé è proprio il nemico contro il quale dovrà combattere.

A: Quello che tu scrivi sembrerebbe l'annientamento dei sentimenti, belli o cattivi, dolci o amari . Ma come si fa a non amare un figlio, un genitore, un amico ? A non soffrire se uno di loro ti viene a mancare? Non  scrivere ad  un' anima amica se ciò ti fa sentire meglio e iniziare una giornata con il sorriso?  Il senso della vita è un mistero che forse solo dopo la morte potremo conoscere. Vorrei riuscire a fare quello che tu dici, attraversare i minuti , le ore, i giorni della mia vita come se fosse di un'altra persona, o meglio  come se non fosse una vita . Astrarsi dalla quotidianità il più possibile è corretto, negarsi alla vita, fino a che essa ti è concessa non riesco a concepirlo. Forse una grande fede o l'approssimarsi della fine potrebbe darmi la forza di non avere più desideri , pulsioni  o banali…

J: Credo che la tua email sia arrivata incompleta. Se  così fosse mi rimanderai il finale :-)

Già, sembrerebbe cinismo ma in realtà non lo è, se ci pensi bene. Non si tratta di annientare i sentimenti ma di viverli nell'attimo stesso in cui si manifestano, senza inzupparli di desiderio o paura. Vivere l'attimo non significa ignorare ciò che ci accade intorno. Anzi, significa riuscire ad apprezzarlo ancora di più sapendo che ogni attimo è unico ed irripetibile. Il distacco mentale è indispensabile per abbattere quel filtro che in ogni istante ci condiziona, che ci fa pensare subito a ciò che ci piace o che non ci piace, a ciò che potrà farci più comodo, a quale soluzione desideriamo si concretizzi per realizzare il nostro sogno proiettato nel futuro di vivere una vita come vogliamo noi. 

Lasciare invece che tutto fluisca, prendendo dalla vita solo quel minuscolo istante che è il nostro presente, significa imparare ad amare senza egoismo, coscienti che tutto è un attimo che passa e se ne va per sempre. Significa rinunciare agli attaccamenti, ma non per questo rinunciare alla gioia di essere vicino alle persone che amiamo e che ci amano. Significa essere obiettivi, prima di tutto con se stessi, e comprendere che tutto ciò che desideriamo è perfettamente inutile perché è solo quell'attimo che ci rende istantaneamente vivi. Significa anche affrontare il dolore come il contrappasso della felicità, coscienti che non può esistere niente senza il suo opposto. 

Si nega alla vita colui il quale è alla spasmodica ricerca di qualcuno o qualcosa che possa dare (temporaneamente) un senso di benessere alla propria vita, una gratificazione astratta che quieta la mente solo per quel poco che basta a far sorgere un nuovo senso di malcontento e nuovi inutili desideri. Dovremo comunque  raggiungere tutti il mare, quindi perché faticare nuotando nel fiume contro corrente? Se ti lasci trasportare dalla vita potrai goderti splendidi paesaggi che prima non potevi vedere, tanto eri impegnato nei tuoi sforzi di voler cambiare a tutti i costi il tuo destino. L'unico nostro destino terreno è la nostra morte e personalmente non credo proprio che dopo questo estremo passaggio ci si presenterà l'opportunità di veder finalmente svelato il senso della vita. Questa speranza di una sopravvivenza della coscienza individuale dopo la morte è solo un controsenso atto a lenire il nostro senso di impotenza. Posso dimostrartelo, ma per il momento preferisco continuare ad essere solo un pensiero anonimo con il quale tu possa serenamente confrontarti…

L'approssimarsi della fine... Chi mai può essere consapevole di questo avvicinarsi se non una persona gravemente malata, per la quale oramai i medici hanno perso ogni speranza? Solo pochi "fortunati", nella loro sfortuna, hanno la possibilità di conoscere con buona approssimazione il giorno della loro morte. Per la maggior parte dell'umanità la morte è un fatto improvviso e spesso accidentale, dunque perché non imparare a vivere ogni istante come se fosse l'ultimo? Ti posso assicurare che ciò porta ad una grandissima pace interiore perché un istante prima di morire non hai più nessun desiderio, se non quello di gustarti le ultime boccate d'aria, gli ultimi raggi di sole, gli ultimi sorrisi delle persone che ti hanno fatto compagnia in questa vita. Siamo mortali ma vogliamo vivere da dei eterni, desiderosi solo di perpetuare noi stessi. Vivendo da comuni mortali, comprenderemo il vero senso della vita.

A: Ti ponevo, alla fine, una domanda e cioè se hai imparato a "cogliere  l'attimo" o tutti gli attimi che si presentano nella vita. Sembrerebbe di si, da quello che scrivi. Gran parte di quello che dici è esatto e lo condivido  però, nonostante tutti i miei sforzi, non riesco a mettere in atto la filosofia del carpe diem se non per poco. La vita mi sta insegnando a vivere il presente, ma la mia natura imperfetta vaga tra i ricordi e le speranze future che possono chiamarsi progetti o desideri. A volte il presente può essere doloroso e per non viverlo occorre rifugiarsi in qualcosa che ti aiuti. La morte non mi fa paura, il dolore e la solitudine, fisica e dell'anima, mi terrorizzano. Vorrei poter imparare a lasciarmi andare , a galleggiare facendomi condurre dalla corrente,  ma non lo faccio. Come sarebbe dolce, invece, non opporre più resistenza. Sentirsi leggeri e non avere più paure e così addormentarsi con un ultimo saluto ad un'anima amica.

J: Forse puoi trovare un abbozzo di risposta in questo estratto di quartine tratte da una mia raccolta...


La strada è lunga, ignota, faticosa.

Non porta mai successo o fallimenti.

Di tutti i passi, l’ultimo si posa

per merito dei passi precedenti.


Il seme della vita spirituale

attende fino all’ora destinata.

Germoglia in modo schietto e naturale,

dal buio emerge a vita illuminata.


Hai molte vie di fuga dall’errore.

Percorrile, se giunge il desiderio.

In tutte troverai qualche valore

purché tu sia tremendamente serio.


La serietà d’intenti è già un’azione.

Teorica evasione è schiavitù.

Se vuoi fuggire dalla costrizione

la porta è aperta: non tornare più.


Guardando all’esistenza come a un sogno

avrai già fatto tutto il necessario.

Nessuno sforzo: non ne avrai bisogno.

Di verità sei già il depositario.


Non hai lasciato mai l’abitazione

ma cerchi un mezzo per tornare a casa.

Cammina verso un’altra direzione:

di idee sbagliate fa’ tabula rasa.


Continua il tuo lavoro normalmente

ma appena fai una sosta guarda dentro

o perderai quell’attimo fuggente.

Costanza e serietà portano al Centro.


A: Ho letto quello che hai scritto ma non ho trovato risposta certa. Sicuramente hai capito il modo di procedere ma non so se hai imparato a metterlo in atto. Se si ,  cosa occorre per trovare serenità'. Se tua madre sta morendo, se sei stato ferito da una persona cara , se sai che i tuoi occhi potranno spegnersi come si fa a non soffrire? Aspettare che il tempo lenisca il dolore, nel primo caso, perdonare nel secondo e solo sperare  nel terzo? Puoi  considerarti fortunato perché respiri, cammini, hai un lavoro, vedi il cielo, assapori i cibi, ma  tutto il resto rimane e getta ombre cupe. Non riesco a provare serenità e gioia, se non per i pochissimi istanti in cui non penso a nulla.

Il giusto distacco da tutto e da tutti, la  distanza corretta dalle emozioni affinché queste non ti travolgano come si possono mettere in pratica?. Se un fiume in piena straripa puoi solo sperare di metterti in salvo aggrappandoti a qualcosa di fermo e stabile o posto più in alto delle acque, ma questo qualcosa , nella vita concreta cos'è e dov'è? Non so se mai io lo troverò.

J: Non può esistere una risposta certa, può esistere solo la cancellazione della domanda. Lo so che quanto affermo può sembrarti una banalità ma è solo prendendo coscienza dell'effimero che si può giungere all'imperituro. 

Moltissimi anni fa, nella mia prima raccolta di poesie, scrissi questa breve parabola: si intitolava "l'ultima domanda".


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Quando il maestro ebbe finito di parlare, mi feci coraggio e posi lui questa domanda:

" Hai detto cose molto interessanti, ma adesso devi dirmi come farò a capire di essere in grado di proseguire da solo nel cammino ..."

Il maestro tacque, e sorrise.

Allora, un poco indispettito, replicai duramente:

"Tu taci perché non conosci la risposta, perché le tue sono solo promesse irrealizzabili!"

Il maestro sorrise ancora, si alzò in piedi e mi disse:

" L'uccello non si attarda nel nido a domandarsi se saprà volare, ma apre le sue ali, certo che il vento lo sorreggerà. Così non restare seduto a domandarti se sarai capace di camminare da solo: alzati in piedi e vedrai che il sentiero inizierà a scorrere sotto di te!

Avrai le tue risposte solo quando cesserai di farti domande ... "

Raccolsi allora tutta la mia fiducia e provai a mettere in pratica i suoi insegnamenti; senza sforzo e in breve tempo giunsi a comprendere una grande verità:

"Ogni domanda è il frutto acerbo che si sviluppa sull'albero della vita. Impara a concentrare su di lui quel raggio di luce capace di farlo maturare e diventar risposta, allora l'unico sforzo che dovrai fare sarà di tendere le mani per coglierlo dal ramo!"

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Non ho capito il modo di procedere. molto più semplicemente ho smesso di procedere. A prima vista appaio una persona che vive come tutti gli altri: faccio il mio lavoro per guadagnarmi da vivere, cerco di dare affetto a chi mi sta vicino, ho i miei piccoli vizi e le mie piccole virtù. Ma se tu riuscissi a guardare dentro di me, non troveresti pensieri, o desideri, o gioie, o sofferenze: troveresti soltanto il vuoto, ma è un vuoto che trabocca di amore, pace e gioia di esistere.

La sofferenza deriva dall'identificazione con colui che sta soffrendo. Se vedi una persona che soffre, puoi soffrire per lei ed insieme a lei ma non potrai mai essere tu quella stessa persona che soffre. Lo stesso vale per la gioia e la felicità.

Io so di non essere "me stesso" ma qualcosa di impalpabile che sta vivendo l'esperienza di essere se stesso, pur non essendolo. Se mio padre sta morendo (ed è morto meno di un anno fa) io lo osservo mentre si addormenta in pace per l'ultima volta e ringrazio la vita per avermi dato l'opportunità di nascere grazie a quel genitore e di aver potuto sperimentare le gioie ed i dolori che il vivere comporta. Non rimpiango la fine di qualcosa o qualcuno che prima o poi era comunque destinato a finire, così come è destinata a finire anche questa mia possibilità di esperire l'esistenza.

Non credo si tratti di tenere la distanza corretta tra sé e le proprie emozioni per non farsi travolgere. Si tratta piuttosto di comprendere che le emozioni che stai osservando sembrano le tue ma  in realtà appartengono alla tua ombra proiettata nell'esistenza del piano fenomenico. Se qualcuno ti calpesta un piede senti male, ma se qualcuno calpesta l'ombra del tuo piede proiettata sul terreno, come puoi provare dolore? Per la legge degli opposti, lo stesso dicasi per le sensazioni e le emozioni positive.

La serenità e la gioia cui occorre ambire non deve essere legata ad avvenimenti o ad emozioni manifestate nel piano materiale. Quelle lambiscono la tua proiezione, ma non il vero te stesso.

Qual è la vita concreta di cui parli nell'ultima parte della tua email? Per te è la vita fenomenica materiale, per me è l'eternità assoluta. Non puoi trovarla: ci sei già dentro! Ma non puoi rendertene conto fintanto che continuerai a cercarti all'esterno. 

Non siamo mai nati, nessuno di noi è realmente mai nato. Sono nati un corpo, una mente, una coscienza, le emozioni, i sentimenti, le idee... ma NOI non siamo mai nati e tutto ciò che pensiamo di essere non è altro che una nostra proiezione. E' questo l'ostacolo più difficile da superare: riuscire a rinunciare a vedere se stessi come sembriamo essere.

Le domande che ti poni sono un chiaro segnale che sei sulla giusta strada del risveglio. Non conosco la tua età, ma io iniziai a pormele già a 15 anni. Oggi non ho più nessuna domanda da pormi: ho aperto le mie ali e mi sono lasciato cadere nel vuoto, certo che il vento mi avrebbe sorretto! Così è stato.

In fondo questo gioco che ti ho proposto serviva semplicemente a questo: accompagnarti laddove non avevi il coraggio di andare. Vuoi venire con me?

A: Mi piacerebbe confrontarmi con le cose che hai scritto o che scriverai. Mi interessa conoscere non qualcosa di te ma il tuo modo  di affrontare il grande problema  della vita, perché è da sempre che mi fa star male. Per me sei  un 'anima che in maniera amica  sta cercando di farmi capire alcune cose. Non è facile proporre oggigiorno ad un interlocutore questi pensieri, che sono spesso dentro ognuno di noi , ma quasi mai vengono resi noti. Tu lo fai in maniera intelligente, a volte anche difficile da comprendere. Questo è relativamente un gioco per me. Mi sovviene a questo punto una domanda . Cosa ti spinge a cercare su un sito qual è quello sul quale  è stato pubblicato il tuo annuncio, persone con le quali dialogare, se non sbaglio, di qualunque argomento, a condizione di restare nell'anonimato? Non importa se non vorrai rispondere , ti posso assicurare che le parole scritte hanno il loro valore e significato anche se non sai da chi provengono e  se non pensate veramente. In questo momento della mia vita, mi stanno comunque  aiutando.

J: Mi domandi cosa mi ha spinto a mettere quell'annuncio? La certezza di sapere che ci sono persone come te che vogliono sapere ma non sanno dove cercare e non hanno il coraggio o la forza di chiedere! Io vado loro incontro!

A presto!

Jader